“L’ago antidolore” Corriere della salute 18 Luglio 2004
Ora è l’Italia a fare scuola di agopuntura in Cina, grazie alle esperienze acquisite presso l’Università di Pavia, dove tradizione orientale e scienza occidentale si corroborano vicendevolmente.

Il 7 Maggio scorso è stato firmato un memorandum d’intesa tra Italia e Repubblica Popolare Cinese per la cooperazione tecnologica e scientifica. Un progetto in cui uno degli elementi di maggiore interesse è rappresentato dagli scambi di conoscenze tra la medicina tradizionale cinese e quella occidentale. Ma la direzione in cui viaggerà il primo ‘bagaglio’ di queste esperienze appare quasi paradossale. Ad agosto, infatti, un esperto di Agopuntura partirà da Milano alla volta della Cina per portarvi le nozioni acquisite nel nostro Paese.
Un Viaggio al contrario A percorrere questa strada ‘al contrario’ sarà il professor Peter Pan Hsien-I, esperto di agoputnura, che vive in Italia da molti anni e che è professore di microchirurgia e cardiochirurgia all’Università di Pavia.
“A Pavia stiamo realizzando da tempo un’integrazione tra l’agopuntura e la medicina occidentale – spiega il professor Pan-. Ciò, da un lato ha permesso di arricchire quest’ultima di conoscenze che provengono da un tradizione multimillenaria e, dall’altro, di comprendere e utilizzare sempre meglio questo patrimonio culturale grazie al vaglio degli strumenti della scienza moderna”.
Presso l’ateneo pavese lo studio e l’uso dell’agopuntura riguardano diverse discipline, ma quella per cui l’agopuntura ha acquisito più fama è l’anestesia. “Da molto tempo pratichiamo l’anestesia con agopuntura in particolare per gli interventi al cuore, in collaborazione con il professor Mario Viganò al Policlinico San Matteo di Pavia – precisa Pan – con risultati molto soddisfacenti”.
Studio ‘in cieco’ L’applicazione dell’agopuntura in questo settore ha anche generato interesse in chiave di ricerca. “Da due anni abbiamo avviato un protocollo per confrontare con criteri rigorosi l’anestesia tradizionale e quella con agopuntura – spiega Pan -. I termini di confronto vertono su due aspetti. Il primo è la verifica di eventuali differenze nella durata della degenza e nell’uso dei farmaci antidolorifici nel periodo postoperatorio. Il secondo è invece l’analisi di circa 60 parametri biologici, per mettere a fuoco l’effetto dei due tipi di anestesia sulla risposta immunitaria e sull’infiammazione nei giorni successivi all’intervento”.
“Lo studio viene condotto in ‘cieco’ – precisa Giovanni Ricevuti, professore ordinario di Medicina interna all’Università di Pavia, che cura il protocollo d’indagine sul versante immunologico -. Cioè, è eseguito in modo che chi effettua i dosaggi sui materali biologici (sangue eccetera) non sappia se appartengono a persone anestetizzate nell’uno o nell’altro modo”.
“Finora abbiamo esaminato circa 50 persone – riprende Pan – e, in generale, abbiamo notato che l’anestesia con agopuntura influenza positivamente la risposta immunitaria e presenta dei vantaggi anche sul fronte del dolore”.
Immunologia “Dal punto di vista immunologico – spiega Ricevuti – l’agopuntura in genere comporta una minore riduzione nella produzione di immunoglobuline di classe M dopo l’intervento. E ciò è importante soprattutto per la capacità di risposta dell’organismo alle infezioni batteriche.
“Sempre su questo versante – prosegue l’esperto – è interessante anche la capacità dell’agopuntura di modulare l’attività dei granulociti neutrofili, un tipo di globuli bianchi fondamentali nella risposta immunitaria, ma che sono anche responsabili dello scatenarsi di diversi fenomeni infiammatori che, quando non c’è un’infezione, invece che utili sono dannosi”.
Infiammazione “Infine – continua lo specialista – l’anestesia ‘cinese’ appare anche in grado di ridurre la produzione di sostanze infiammatorie (in particolare alcune citochine, come TNF, interleuchina 2, 6 e 8)”.
Tutte modificazioni che possono contribuire a spiegare la riduzione di farmaci analgesici richiesti dai pazienti dopo l’intervento. “E’ vero – chiarisce Pan – ma in questo senso appare interessante anche la possibilità che ha l’agopuntura di indurre un aumento dei livelli di beta-endorfine e dell’espressione dei recettori per gli oppiodi nel sangue periferico. Entrambi fenomeni che contribuiscono a contrastare il dolore”.
“Lo studio non è ancora terminato e quindi non possiamo dare ancora risposte certe – conclude Ricevuti – ma le indicazioni che stiamo raccogliendo sono incoraggianti e, visto che l’agopuntura, tra l’altro, costa poco, vale la pena continuare la ricerca e di esportare i nostri criteri e le nostre esperienze di collaborazione con questa disciplina”.
Trapianto Questo studio di valutazione sulla pratica tradizionale cinese non è solo in corso all’Università di Pavia. Un altro è per ora svolto prevalentemente a livello sperimentale e riguarda soprattutto l’applicazione dell’anestesia con agopuntura nel trapianto di fegato, in particolare, in un intevento molto complesso: l’autotrapianto di fegato.
“In questo ambito la tecnica, in Italia, è stata per ora testata solo sull’animale – spiega Paolo Dionigi, professore ordinario di Chirurgia all’Università di Pavia -. L’autotrapianto prevede l’espianto del fegato, la sua pulizia, cioè l’asportazione delle parti neoplastiche, che non possono essere tolte con il fegato in sede, e quindi il reimpianto dell’organo nel soggetto”.
“La possibilità di praticare un’anestesia senza farmaci in questi casi è molto interessante e importante – chiarisce Pan – perchè, quando il fegato viene asportato fuori dalla cavità addominale e poi reimpiantato, non è in grado immediatamente di svolgere a pieno ritmo il suo lavoro di trasformazione e di smaltimento metablico degli anestetici”.
Il 29 dicembre 1998 il professor Pan ha già portato la tecnica chirurgica dell’autotrapianto di fegato, utilizzando l’anestesia con agopuntura, a Taipei. A essere operata è stata una paziente di 68 anni affetta da tumore del fegato, l’intervento è durato 16 ore ed ha avuto pieno successo.
“E’ proprio questa, in particolare, l’esperienza che mi appresto a “esportare” in Cina Popolare nel mese di agosto – spiega il professor Peter Pan -. In Cina, infatti, nelle regioni a Sud-Ovest e Sud-Est, il tumore al fegato occupa la prima classifica mondiale e i nostri studi potrebbero risutare molto utili”.
Il check up energetico
In Cina, anticamente, un medico era ritenuto bravo non se curava bene le malatte, ma se impediva che venissero. Questo carattere preventivo si esprime oggi anche con l’aiuto di strumenti tecnologici. Tra questi strumenti c’è quello che esegue un ‘check-up energetico’.
“Il dispositivo che utilizziamo a questo scopo è stato messo a punto diversi anni fa in collaborazione con ingegneri del Politecnico di Milano” spiega il professor Peter Pan. Come succede per un elettrocardiogramma, al paziente, disteso sul lettino, vengono appoggiati ai polsi e alle caviglie alcuni elettrodi, collegati a un apparecchio posizionato alle sue spalle, che registra le differenze di potenziale elettrico tra i diversi elettrodi e genera un tracciato su carta millimetrata.
“Questo esame – spiega il professor Pan – prende come riferimento alcuni, precisi punti dell’agopuntura cinese, che rappresentano la proiezioni sulla superficie del corpo degli organi interni e ci fornisce così una rappresentazione dello stato energetico dell’intero organismo”.
Sul lato verticale del tracciato si legge l’ampiezza dell’onda elettrica generata, misurata in milliAmpere (mA), mentre sul lato orizzontale sono elencati in successione 12 “organi”. A ciascun organo, quindi, corrisponde una linea (o meglio, due, come vedremo) che esprime la sua ‘energia’.
“La lettura dell’esame deve essere sia quantitativa che qualitativa – precisa il professor Pan -. La prima consiste nel controllare che l’ampiezza dell’onda sia tra i 20 e gli 80 mA. Sotto i 20 mA si può dire che l’organo in questione è in uno stato di carenza, di debolezza, di inefficienza funzionale, mentre se la linea supera gli 80 mA significa che l’organo è in stato di ipereccitabilità o iperfunzionalità.
“Alla lettura quantitativa segue quella qualitativa – prosege l’esperto -. Il tracciato, infatti, si compone di due linee, una blu e una rossa, che corrispondono rispettivamente al lato sinistro e destro del corpo. Nei maschi la linea blu deve essere sempre sopra la linea rossa e nelle femmine il contrario. Così, in base all’andamento e all’incrociarsi delle due linee nei vari organi, siamo in grado di capire se, e dove, c’è un altro tipo di squilibrio tra la componente yin (femminile) e yang (maschile)”.
Questi sono due criteri di lettura di ‘primo livello’, ma la carta energetica è in realtà molto complessa. Gli organi che sono posti sull’asse lungo del tracciato, infatti, sono 12, ma servono a rappresentare praticamente tutto l’organismo, perchè ognuno di essi non viene letto e interpretato solamente come fine a se stesso, ma come rappresentazione di altri organi, apparati e funzioni a esso correlati. “Per esempio – chiarisce il professor Pan – il primo organo, cioè il polmone, non ci parla solo del’apparato respiratorio, ma rappresenta anche la prima barriera dell’organismo nei confronti degli agenti esterni, quindi esprime, in senso lato, lo stato di salute di quello che potremo chiamare sistema di difesa di primo livello. Perciò, concettualmente e praticamente, viene associato anche alla salute della cute, anch’essa organo barriera.
“Per continuare con gli esempi – prosegue lo specialista – il rene è associato al sistema nervoso, sia centrale che autonomo. Quindi, se riscontriamo un problema, una carenza a livello del rene, non dobbiamo pensare a una carenza solo nella filtrazione dell’urina”. E non è finita qui.
La complessità della lettura aumenta se si considera che i 12 organi sono rappresentati in sei coppie di due: a un organo yin è associato sempre un organo yang e l’interpretazione del tracciato deve essere fatto quindi tenendo conto dei comportamenti degli organi singolarmente e degli stessi come ‘coppie’.
“L’interpretazione di questo esame ci aiuta quindi a capire quali sono le ‘criticità’ del paziente anche se questi non lamenta disturbi specifici e ci consente di impostare il trattamento con agopuntura in modo mirato ma anche complessivo. In pratica, ci indirizza verso una cura che sia ‘rinforzante’, ‘eccitante’ sugli organi e sistemi che risultano in carenza e verso un trattamento ‘calmante’ dove registriamo uno stato di ipereccitazione o un eccesso di energia – conclude Pan -. E ciò, ovviamente, ci consente di agire sia in modo curativo che in modo preventivo, ottemperando così alla missione della medicina tradizionale cinese”.
Luigi Ripamonti
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