L’artrite cinese

“L’artrite Cinese” Corriere della Salute Lunedì 28 Maggio 1990

L’artrite reumatoide è una malattia diffusa anche al di là della Grande muraglia, dove maestri dell’agopuntura la classificano in ‘migrante’, ‘calda’, ‘fredda’ e ‘fissa’

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Agopuntura e proprietà farmacologiche di una pianta, la Tripterygium Wilfordii Hook, sono la cura cinese per l’artrite reumatoide, una malattia piuttosto frequente anche al di là della Grande Muraglia. Soprattutto fra le donne, con un rapporto di quattro a uno rispetto agli uomini, e nella fascia di età fra i 40 e i 50 anni. La moderna medicina cinese ne riconosce il carattere autoimmunitario, cioè di malattia che deriva da un processo abnorme di autoaggressione, di autodanneggiamento. Il sistema immunitario, le difese dell’organismo, ‘attaccano’ in prevalenza i tessuti che costituiscono le articolazioni come se fossero ‘nemici’.
A scatenare l’autoaggressione possono essere virus, micoplasmi, agenti patogeni esterni (vento, caldo, umidità: secondo la medicine cinese). Ci vuole, però, anche predisposizione genetica.
Spiega il professore Peter Hsien-I Pan, docente di medicina tradizionale cinese all’Università di Pavia: “Al momento del concepimento nascono la vita e tutta la attività vitale, quella che noi chiamiamo Shen. Si distinguono uno Shen ‘congenito’, che proviene parte dal padre e parte dalla madre, non modificabile e strettamente in relazione con il cuore e con la mente, e uno Shen ‘post-partum’, che è la potenziale attività vitale organica. I due Shen in equilibrio costituiscono un sistema di controllo notevolmente importante che, se alterato, provoca il fenomeno di autoaggressione”.
Con questa premessa, vedamo come la medicina cinese descrive l’evoluzione dell’artrite reumatoide. Continua Pan: “Alla base dell’artrite reumatoide c’è lo squilibrio del sistema di controllo unitario che dà luogo alla reazione autoimmunitaria. La diagnosi può essere fatta grazie al ‘fattore reumatoide’, presente nel sangue del 75% dei pazienti adulti. I sintomi più precoci della malattia non sono a livello delle articolazioni ma sono generali: astenia, anoressia, calo di peso. Soltanto più tardi si accusano dolori articolari e muscolari”.
La medicina cinese classifica, inoltre, quattro forme di artrite reumatoide:
a) Forma migrante. Causata dall’associalzione di tre agenti patogeni esogeni: vento, freddo, umidità, con prevalenza del vento. E’ caratterizzata da un dolore migrante del centro verso le estremità. Il paziente assume un atteggiamento in flessione perchè il movimento di estensione causa un violento dolore.
b) Forma calda. Causata da vento, umidità, calore con prevalenza di quest’ultimo. E’ caratterizzata da sintomi di dolore, calore, arrossamento e tumefazione alle articolazioni degli arti. Il dolore è intenso e intollerabile alla palpazione del medico. E’ una forma accompagnata da febbre, sudorazione, dolore laringofaringeo e scarsa quantità di urina, che è di colore scuro.
c) Forma fredda. Causata da vento, freddo e umidità con prevalenza di freddo. E’ caratterizzata da violento dolore muscolare-tendineo-articolare. Quando il paziente è esposto al caldo si attenua il dolore.
d) Forma fissa. Causata da vento, freddo e umidità con prevalenza di quest’ultima. Il dolore è fisso e si accentua in ambiente umido. E’ accompagnata da lieve tumefazione senza arrossamento, delle articolazioni interessate. In base a questa classificazione il medico cinese sceglie la cura migliore.
In oriente si cura anche con una pianta
Fatta la diagnosi e stabilita la forma dell’artrite reumatoide, il medico cinese ha a disposizione due potenti armi: un farmaco e i classici aghi. Ma diciamo subito che è l’agopuntura la tecnica più utilizzata. Vediamo perchè. “La cura farmacologica è estratta da una pianta”, spiega il professor Pan, “che ha un’azione anti-infiammatoria e immuno-depressiva. Con la Tripterygium Wilfordii – questo il nome della pianta illustrata – si ha un 96 per cento di esiti positivi”. Sarebbe dimostrato da studi effettuati dal’Università di Pechino, di cui il più importante riguardava 165 pazienti (45 uomini e 120 donne) ai quali è stato somministrato il farmaco (10-15 mL, tre volte al giorno per bocca dopo i pasti) per un periodo di 4-6 mesi (ciclo di cura). In 18 casi vi è stata guarigione completa, in 95 un miglioramento notevole e in 46 un miglioramento sensibile. In sei casi la cura è stata inefficace.
“Sarebbe un buon farmaco”, commenta il professor Pan, “se non presentasse effetti collaterali non trascurabili (disturbi gastro-intestinali, orticaria, perdita di peli) e se non richiedesse un tempo di somministrazione piuttosto lungo. C’è da dire, inoltre, che per il momento questo farmaco esiste solo in Cina”. Molto meglio, quindi, e più a portata di mano per noi occidentali, l’agopuntura che ha esiti positivi nel 91,3 per cento dei casi e ha il vantaggio di non avere effetti collaterali. Gli aghi ovviamente agiscono a livello del dolore, dell’infiammazione e a livello del sistema immunitario.
Mario Pappagallo